P!nkinside - 'Cause we are all P!nkinside: novembre 2007

27 novembre 2007

#13 Trainspotting

“Allora perché l'ho fatto? Potrei dare un milione di risposte tutte false. La verità è che sono cattivo, ma questo cambierà, io cambierò, è l'ultima volta che faccio cose come questa, metto la testa a posto, vado avanti, rigo dritto, scelgo la vita. Già adesso non vedo l'ora, diventerò esattamente come voi: il lavoro, la famiglia, il maxitelevisore del cazzo, la lavatrice, la macchina, il cd e l'apriscatole elettrico, buona salute, colesterolo basso, polizza vita, mutuo, prima casa, moda casual, valigie, salotto di tre pezzi, fai da te, telequiz, schifezze nella pancia, figli, a spasso nel parco, orario d'ufficio, bravo a golf, l'auto lavata, tanti maglioni, natale in famiglia, pensione privata, esenzione fiscale, tirando avanti lontano dai guai, in attesa del giorno in cui morirai.”


23 novembre 2007

#12 Buona Morte!

Gustav Klimt "morte e vita" 1908-1915

“Tu, microscopica pulce ipodimensionata in un universo infinito che se ne sbatte allegramente di tutte le tue penose e tragicomiche disavventure, cosa aspetti a scoprire quand'è che il crudele destino ha stabilito di porre la parola "fine" alla tua miserabile esistenza, facendoti dolorosamente trapassare da questo desolato pianeta agli atroci inferi che ti meriti? La tua curiosità non può esimersi dall'abbeverarsi alla fonte della scabrosa conoscenza, non può evitare l'incontro con il destino. Sei pronto a segnare nell'agenda una croce sul giorno che il Fato ha stabilito per te?”
Con queste parole sei accolto nel sito che con un test di quindici domande (il deathclock) ti dice l’ora esatta della tua morte, la data, la causa e la percentuale della vita che ti resta da vivere. Io attualmente sto al 27,5 % e morirò a 71 anni nel 2059... Nel 2059? E tutto sto tempo come lo passo? Che faccio fino al 2059? Mentre ci penso sfogo la mia depressione nel cinema che ha sempre affrontato il tema della morte regalando al mondo scene incredibili e fantasie irraggiungibili. Sarebbe bello sapere che c’è qualcosa di fiabesco, onirico e sfavillante oltre la morte. Sarebbe bello sapere che c’è qualcosa. Purtroppo non c’è niente: ci spegniamo e basta. Zac e non ci siamo più.
É una specie di catarsi la morte: senza non si potrebbe apprezzare la vita.

Perché, senza l'amaro, amico mio, il dolce non è tanto dolce.

Morire è l'ultima cosa che farò.

Dai, dai, che tocca anche a te, morire ad oltranza che male c’è, tu prova a scappar, raccomandati ai santi, ma dovremmo alfine morir tutti quanti.

Non è che ho paura di morire. È che non vorrei essere lì quando succede.

Ricordate quei poster con la scritta "Oggi è il primo giorno del resto della tua vita"? Beh, questo è vero per tutti i giorni tranne uno: il giorno che muori.

Morire è la cosa peggiore che mi sia mai capitata.

Potrei essere piuttosto incazzato per quello che mi è successo, ma è difficile restare arrabbiati quando c'è tanta bellezza nel mondo. A volte è come se la vedessi tutta insieme ed è troppa...il cuore mi si riempie come un palloncino che sta per scoppiare...e poi mi ricordo di rilassarmi, e smetto di cercare di tenermela stretta...e dopo scorre attraverso me come pioggia... e io non posso provare altro che gratitudine per ogni singolo momento della mia stupida piccola vita. Non avete la minima idea di cosa sto parlando, ne sono sicuro. Ma non preoccupatevi, un giorno l'avrete.



15 novembre 2007

#11 We could be HEROES

É appena finita poco fa davanti ai miei occhi increduli la prima stagione di Heroes. Sti ultimi episodi ce li siamo proprio dovuti sudare: da un giorno all’altro ti scompare la serie sotto gli occhi e nella tua mente inizi a pensare che tutti i superpoteri nella serie hanno contagiato la serie stessa che è diventata invisibile ai fan italiani. Nessun super potere, solo supercoglioni. Luca Tiraboschi (direttore di Italia 1) cancella la programmazione a 4 episodi dalla fine a causa dei bassi ascolti. Poi ci ripensa, si accorge di aver fatto una cazzata e puffete eccoti i 4 episodi in seconda (facciamo terza) serata. Per pubblicizzarli poi sti 4 benedetti episodi girava lo spot su Italia 1 con la vocina che diceva: “gli ultimi impedibili episodi”. Impedibili? Ma se fino a dieci minuti fa me li avevi liquidati? Mah...
Comunque sia sta prima stagione nonostante tutto ci è piaciuta e pure tanto, non oso immaginare cosa dovrà fare un povero spettatore italiano per vedersi la seconda che in America è in onda in questo periodo.
Per chiunque si trovava a Instambul durante la programmazione di Heroes, la serie parla di un gruppo di persone che in seguito a mutazioni genetiche spontanee acquisiscono poteri sovrumani: un soggetto talmente banale da essere geniale. Il creatore Tim Kring si è inventato questo gruppo di x-men e si è messo lì a raccontarceli in una dimensione più quotidiana che fantascientifica dove non ci sono né costumini aderenti né mascherine dai colori sfavillanti. Ci sono persone che vivono una vita con dei superimprevisti: complotti, agenzie segrete, intrighi politici e colpi di scena che non ci dormi la notte. Il tutto adagiato su una trama talmente intrecciata che nemmeno Hitchcock riuscirebbe a strecciare. Vabbè non esageriamo, Hitchcock ci riuscirebbe. A me ci vogliono venti minuti per capire quello che succede. Insomma è una delle poche serie che non mi annoia e che è fatta benissimo. Ma allora perchè tutte ste belle cose non trovano riscontro nel pubblico italiano? Perché siamo una massa di idioti? Anche. La spiegazione principale la troviamo nel successo che la serie ha negli States: una schiera di 15 milioni di adepti-spettatori. E ora svelo il trucco: Heroes è un allegoria della cultura americana e agli americani, si sa, piace tanto vedersi in tv. L’america è piena di gente banale che cerca di essere speciale, il mitico sogno americano. Il cattivo della serie, Sylar, è un comune orologiaio che con la voglia di essere qualcuno finisce per essere qualcosa di veramente speciale: un super cattivone mangia cervelli. Morale: non sempre è giusto voler essere qualcuno a tutti i costi. C’è poi nella serie una mitica bomba nucleare che minaccia di radere al suolo New York e c’è chi cerca di trarne vantaggi politici. Spiegazione: 11 settembre 2001 dice niente? Troviamo inoltre in Heroes tutte l’etnie possibili, una grande varietà di lingue, culture che si mescolano, cheerleader, sfigati, poliziotti, esaltati, drogati, doppie personalità, pazzoidi... non c’è dubbio: è l’America.
Noi italiani siamo talmente menefreghisti che non ce ne fotte niente di guardare una così bella messa in scena del popolo americano di oggi. Pazienza. Mentre attendo con ansia l’arrivo della seconda stagione in Italia (incrociando le dita), mi gusto le varie parodie che circolano in rete: geniali come la serie stessa.
Quasi dimenticavo: “Salva la cheerleader, salva il mondo!”
Sono proprio un esaltato del cazzo.

13 novembre 2007

#10 Quando l’insuccesso è annunciato: Tideland


L’ultimo capolavoro di Terry Gilliam (il regista di Paura e delirio a Las Vegas e de I frateli Grimm per intenderci), Tideland il mondo capovolto, è uscito in tutto il mondo nel 2005. In Italia è uscito lo scorso 31 ottobre grazie a una cazzuta compagnia di distribuzione che si è presa la briga di farlo arrivare anche in Italia: Officine Ubu.
Terry Gilliam durante i vari festival, feste del cinema e viadicendo, viene osannato come un guru del cinema, il maestro, il genio, etc… Poi quando arriva al dunque le critiche lo massacrano sempre e i suoi film sono sempre insuccessi, in parole povere: non se lo cagano più di tanto (In Italia ci sono solo 25 copie di Tideland). È un po’ lo sfigato della situazione: ogni volta che deve racimolare un po’ di soldi per fare un film è un impresa e alcuni suoi progetti non sono mai andati in porto, c’è un Don Chisciotte dal titolo Lost in Mancia che non si sa più che fine abbia fatto: si è letteralmente perso.

Secondo me Terry è un mito: è uno di quei pochi registi che riesce a mescolare in maniera così sublime e visionaria la realtà e la fantasia facendoli scorrere uniformemente su un nastro di celluloide senza che te ne accorgi. Quindi successo o insuccesso poco ce ne importa di fronte a cotanta bellezza.

Tideland è un viaggio allucinante dentro il mond
o fantastico di una bambina che evade da una realtà in cui padre (dalla vita breve) e madre (dalla vita brevissima) sono costantemente imbottiti di eroina. È ispirato da un romanzo di Mitch Cullin: leggenda vuole che mentre Terry lo leggeva telefonò a Mitch dicendogli che immerso nella lettura gli era venuto in mente il quadro Christina’s world di Andrew Wyeth, un noto pittore americano del novecento.


Leggenda vuole che Mitch disse a Terry che mentre scriveva il romanzo aveva in mente lo stesso quadro. Da cosa nasce cosa ed ecco fuori Tideland con la sua casa nella prateria in mezzo a campi di grano, il tutto identico al quadro. La bambina nel quadro è una bambina con dei disagi fisici che cerca di rientrare in casa. La bambina nel film, la mitica Jeliza-Rose (muahahah!), non ha invalidità fisiche ma psichiche ed emotive. Queste carenze la portano a crearsi strane fantasie per riuscire a sopravvivere. Gli occhi di una bambina di dieci anni diventano quindi la folle visionarietà di Terri Gilliam: una poesia che prende vita da una psichedelica deformazione della realtà.
Allucinanti quasi più del film stesso le cose politicamente scorrette che si ritrova a fare questa povera bambina, come ad esempio preparare la dose di eroina al padre che deve concedersi la sua meritata “vacanza”. Il film dà inoltre una prepotente scossa a strani tabù quali: la voglia di uccidere, baciare un essere deforme e imbalsamare i nostri cari. Un applauso con tanto di applausometro allora alla fichissima Jodelle Ferland (l’attrice undicenne che interpreta la bambina protagonista) che non solo ha saputo muoversi con naturalezza davanti a tutte queste cose ma ha anche dimostrato di saper recitare come solo una bambina sa fare. E che bambina! Il film, infatti, vuole essere anche una critica a quei bambini americani stupidi, vittime del mondo e perfetti.

Degni di nota poi i parallelismi con “Alice nel paese delle meraviglie” quasi enfatizzati: la tana, lo scoiattolo-bianconiglio, la curiosità, la regina cattiva… Io ci ho visto anche quel tanto di pedofilia che caratterizzava a suo tempo Lewis Carroll. E ci ho visto anche un bel po’ di Psycho Hitchcockiano con questo culto dell’imbalsamare…
Comunque sia: da vedere sia da lucidi (per capirlo) sia da non-lucidi (per farsi una bella “vacanza” lì dove nascono i sogni).



10 novembre 2007

#9 Quando il successo è annunciato: Ratatouille

L’ottava meraviglia della Pixar (e coseguenzialmente della Disney che distribuisce), Ratatouille è ai vertici delle classifiche di tutto il mondo. Il segreto del successo? Al di là dell’apparente insensatezza di un topo che cucina, che può destare curiosità, Ratatouille è un film riuscito perché ha la capacità di essere film a tutti gli effetti e di mantenere, allo stesso tempo, la leggerezza e lo spirito del cartone animato. Cartone animato con i controcoglioni oserei dire: una ricostruzione di Parigi spettacolare, una resa di effetti quali acqua, fuoco e riflessi eccezionale e uno studio della materia organica realizzata perfettamente con la computer grafica (300 cibi diversi creati al computer, ognuno progettato e realizzato in una vera cucina per poi essere fotografato e usato come riferimento). Niente male anche l’analisi dei personaggi con particolare riferimento alla figura del critico che viene allisciato ben bene durante il film e quindi capisco tutta la passione dei critici per questo film che lo sentono un po’ loro (ottima leccata di culo da parte di chi l’ha scritto).

La fisiognomica: finalmente la Disney trattino Pixar ha capito quello che Burton faceva già da anni: l’importanza di sottolineare il carattere dei personaggi attraverso la loro fisicità, estesa anche alle ambientazioni (la casa del critico vista dall’alto ha la forma di una bara).
Tralasciando i clichè, i luoghi comuni sui francesi, sulla cucina francese, e la classica storia del “diverso”, ci sono piaciute poi le varie gag al punto giusto, i formidabili titoli di coda, le varie citazioni e i vari ammiccamenti e soprattutto il fatto che uno dei personaggi principali della storia sia un morto che parla, frutto dell’immaginazione di un topo… Mica pippano questi… Noooooooo!

Infine la bella morale Disneyana che piace tanto: chiunque se ci crede veramente può fare qualsiasi cosa.

9 novembre 2007

#8 Enzo Biagi sapeva “il fatto” suo

“La vita è un rischio che nn si può fare a meno di correre.”

Il 6 novembre è morto Enzo Biagi, 87 anni. Il (e sottolineerei IL) giornalista, la voce più sentita e più letta della seconda metà del novecento. Di lui non so abbastanza per poterne dire qualcosa, comunque ricordo sin da quando ero un giovinotto di sette anni la musichetta dopo il tg de “Il fatto”, la sua trasmissione più famosa: iniziata nel 1995, era seguita mediamente da sei milioni di telespettatori. Ricordo benissimo anche quando la trasmissione chiuse i battenti nel 2002 in seguito al famigerato diverbio Berlusconiano. “L'uso che Biagi, Santoro, ... come si chiama quell'altro ... Luttazzi, hanno fatto della televisione pubblica, pagata con i soldi di tutti, è un uso criminoso. E io credo che sia un preciso dovere della nuova dirigenza di non permettere più che questo avvenga.” Biagi cercando di ricordare fondamentali diritti della costituzione [Sono ancora convinto che perfino in questa azienda (che come giustamente ricorda è di tutti, e quindi vorrà sentire tutte le opinioni) ci sia ancora spazio per la libertà di stampa; sta scritto - dia un'occhiata - nella Costituzione. Lavoro qui in Rai dal 1961, ed è la prima volta che un Presidente del Consiglio decide il palinsesto.”], si ritrovò comunque sbolognato dalla stessa azienda che ha partecipato commossa ai suoi funerali. Dopo anni di silenzio e varie voci di ritorno in tv, il 22 aprile 2007 torna con RT Rotocalco Televisivo Buonasera, scusate se sono un po' commosso, e magari si vede. C'è stato qualche inconveniente tecnico e l'intervallo è durato cinque anni.”
Su Vanity Fair di questa settimana Gad Lerner lo definisce “una sorta di papa Giovanni del giornalismo”, invece Mentana ricorda quando aveva provato ad averlo ospite a Matrix e la sua replica papale papale: “Io sulle reti di quello non ci voglio apparire”. Chissà come avrà reagito “quello”, il suo acerrimo nemico, alla notizia della morte di Biagi. Che faccia avrà fatto? Che emozione avrà provato? Mah…
La cosa che mi dà più fastidio è che se ne va una mente così intelligente. Uno passa tutta la sua vita ad accumulare informazioni, sapere e cultura e poi… puff svanisce tutto. Che rabbia! Dall’alto dei suoi 87 anni chissà quante cose c’erano dentro quella testa, peccato non sia una cosa che si può lasciare in eredità (frase da cinico spietato).

Comunque sia, per finire riciclo una frase di James Matthew Barrie: “Morire sarà una sgradevole grande avventura.”

3 novembre 2007

#7 Halloween da cani

E anche questo Halloween è passato con il suo makeup, con le sue ragnatele finte, con le sue zucche di plastica, con l’alcool e soprattutto con il postalcool… C’è chi non si è limitato a travestirsi e non avendo niente altro di meglio da fare ha avuto la geniale idea di travestire anche il suo cagnolino che poverino non aveva fatto niente di male per meritare tutto ciò. Si potrebbe scrivere un libro di psicologia e turbe mentali su gente che crede davvero in queste cose al punto di portare il fedele(?) amico a 4 zampe a parate create apposta per l’occasione. La moda in questione ancora non ha attraversato l’oceano ma non è mai detta l’ultima parola. Ecco le foto delle vittime per giudicare quanto siano simpatici e tormentati i poveri cagnetti:



Un bellissimo Yoda di guerre stellari è tra i costumi più quotati in vendita su internet.








Per quale recondito motivo bisognerebbe vestire un cane da tacchino?











Attenzione, abbiamo anche una puzzola...










...un puerco...











... e una rana depressa.














Un marinaio fiero della sua sirenetta.













What a wonderful sposina!











Muahahahah!












Le commari (da notare il reggiseno imbottito)









Sto poraccio come cammina?









Un Jack Sparrow da fare invidia a Johnny Deep...











... e un Harry Potter più vero del vero Harry Potter.






Infine per la categoria esseri umani abbiamo i tre costumi più idiotitrattinogeniali dell'anno:

L'immancabile cazzo con tanto di pelo pubico a mò di sciarpetta tra una palla e l'altra.

Il culto di quest'anno: la piccola e povera ereditiera in prigione (ogni riferimento è puramente casuale).

Il vincitore assoluto: il prete pedofilo con tanto di bambino (finto) in "preghiera".