L’ultimo capolavoro di Terry Gilliam (il regista di Paura e delirio a Las Vegas e de I frateli Grimm per intenderci), Tideland il mondo capovolto, è uscito in tutto il mondo nel 2005. In Italia è uscito lo scorso 31 ottobre grazie a una cazzuta compagnia di distribuzione che si è presa la briga di farlo arrivare anche in Italia: Officine Ubu.
Terry Gilliam durante i vari festival, feste del cinema e viadicendo, viene osannato come un guru del cinema, il maestro, il genio, etc… Poi quando arriva al dunque le critiche lo massacrano sempre e i suoi film sono sempre insuccessi, in parole povere: non se lo cagano più di tanto (In Italia ci sono solo 25 copie di Tideland). È un po’ lo sfigato della situazione: ogni volta che deve racimolare un po’ di soldi per fare un film è un impresa e alcuni suoi progetti non sono mai andati in porto, c’è un Don Chisciotte dal titolo Lost in Mancia che non si sa più che fine abbia fatto: si è letteralmente perso.
Secondo me Terry è un mito: è uno di quei pochi registi che riesce a mescolare in maniera così sublime e visionaria la realtà e la fantasia facendoli scorrere uniformemente su un nastro di celluloide senza che te ne accorgi. Quindi successo o insuccesso poco ce ne importa di fronte a cotanta bellezza.
Tideland è un viaggio allucinante dentro il mondo fantastico di una bambina che evade da una realtà in cui padre (dalla vita breve) e madre (dalla vita brevissima) sono costantemente imbottiti di eroina. È ispirato da un romanzo di Mitch Cullin: leggenda vuole che mentre Terry lo leggeva telefonò a Mitch dicendogli che immerso nella lettura gli era venuto in mente il quadro Christina’s world di Andrew Wyeth, un noto pittore americano del novecento.

      Leggenda vuole che Mitch disse a Terry che mentre scriveva il romanzo aveva in mente lo stesso quadro. Da cosa nasce cosa ed ecco fuori Tideland con la sua casa nella prateria in mezzo a campi di grano, il tutto identico al quadro. La bambina nel quadro è una bambina con dei disagi fisici che cerca di rientrare in casa. La bambina nel film, la mitica Jeliza-Rose (muahahah!), non ha invalidità fisiche ma psichiche ed emotive. Queste carenze la portano a crearsi strane fantasie per riuscire a sopravvivere. Gli occhi di una bambina di dieci anni diventano quindi la folle visionarietà di Terri Gilliam: una poesia che prende vita da una psichedelica deformazione della realtà.
Allucinanti quasi più del film stesso le cose politicamente scorrette che si ritrova a fare questa povera bambina, come ad esempio preparare la dose di eroina al padre che deve concedersi la sua meritata “vacanza”.  Il film dà inoltre una prepotente scossa a strani tabù quali: la voglia di uccidere, baciare un essere deforme e imbalsamare i nostri cari. Un applauso con tanto di applausometro allora alla fichissima Jodelle Ferland (l’attrice undicenne che interpreta la bambina protagonista) che non solo ha saputo muoversi con naturalezza davanti a tutte queste cose ma ha anche dimostrato di saper recitare come solo una bambina sa fare. E che bambina! Il film, infatti, vuole essere anche una critica a quei bambini americani stupidi, vittime del mondo e perfetti.
Degni di nota poi i parallelismi con “Alice nel paese delle meraviglie” quasi enfatizzati: la tana, lo scoiattolo-bianconiglio, la curiosità, la regina cattiva… Io ci ho visto anche quel tanto di pedofilia che caratterizzava a suo tempo Lewis Carroll. E ci ho visto anche un bel po’ di Psycho Hitchcockiano con questo culto dell’imbalsamare…
Comunque sia: da vedere sia da lucidi (per capirlo) sia da non-lucidi (per farsi una bella “vacanza” lì dove nascono i sogni).
